Matteo Piloni/ Luglio 21, 2020/ La settimana in Consiglio/ 0 comments

Il Covid-19 ha reso evidenti molte criticità del sistema sanitario lombardo. Una su tutte la suddivisione di competenze tra le Asst e le Ats, pensate da una riforma sanitaria, quella del 2015, voluta dall’allora presidente Maroni e sostenuta dalla stessa maggioranza che governa la regione da più di vent’anni.

Una riforma che era stata pensata basandosi esclusivamente sulla razionalizzazione dei costi, e non sulla necessità di dare risposte ai cittadini. A distanza di cinque anni i nodi sono venuti al pettine.

Aver messo insieme le vecchie ASL secondo semplici confini provinciali, togliendo autonomie e competenze, non ha funzionato. E il risultato è stato quello di aver lasciato soli i cittadini.

Verrebbe da dire “l’avevamo detto!”, in quanto come PD, cinque anni, avevamo criticato con forza questa impostazione. E continuiamo a farlo, a maggior ragione oggi dove il Covid ha fatto esplodere tutti i limiti della sanità lombarda.

Ma come è stato un errore accorpare distretti territoriali autonomi, togliendo loro competenze, potrebbe essere altrettanto sbagliato impostare la revisione della legge 23 sulla sanità, esclusivamente sui confini. Prima di ragionare di “geografia”, è necessario ragionare sulle funzioni, e su come deve essere gestita la sanità sui territori. Una sanità che deve tornare ad essere più vicina ai cittadini, con l’unico obiettivo di vivere più sani e più sicuri.

Per questi motivi impostare nuovamente il ragionamento sulle Ats partendo dai confini provinciali rischia di essere un limite. Certamente un Ats che tiene insieme due provincie lunghe come quelle di Cremona e Mantova è stata una scelta sbagliata, che avevamo contrastato e che continuiamo a ritenere un grande errore. Ma quanto accaduto deve portarci a ragionare sulle funzioni e sulle competenze.

Ha senso ad esempio, modificando solo i confini geografici di queste Aziende, mantenere in capo alle Ats le attuali funzioni di integrazione delle prestazioni sociosanitarie con quelle sociali, il governo della medicina territoriale e quindi la presa in carico delle persone? Non si potrebbe pensare invece di tenere alle Ats, o ad un’unica Ats regionale, le competenze di controllo ed educazione alla salute, e riportare alle singole Asst la gestione della medicina di territorio, rilanciandola?

Ritengo più utile impostare la discussione in questi termini, mettendo al centro i territori e un modello più vicino ai cittadini.

Poi possiamo ragionare sui confini, qualunque essi siano.

 

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